Basta scuotere la testa e fare scivolare le nubi Lontano, mentre la barca si allontana con le sue vele nere Portando verso la distanza sempre più intoccabile dell’orizzonte La sua navigazione senza approdi. Resto nuda sulla mia tavoletta d’argilla Cosparsa di sinuose investigazioni Dopo essermi tolta la benda dagli occhi, La cintura irta di chiodi ai fianchi, la corona di spine dal capo. * O Dio - grido - dell’Olimpo, o Dio morto sugli assi del dolore Assorta serenità del Buddha senza immagini, oh carità della vita! Vengono sempre gli dèi se invocati talvolta sotto forma di animali miti, Che annusano con i musi umidi e pietosi i pochi centimetri Tra la gola ed il coltello. Oh Isacco, Isacco, timore e tremore! Vengono con la parola di un angelo onirico come testimone di verginità. * Una volta - ricordo - Lui, il ragazzo dell’amore mistico, Guidava un tram rosso fiammante ed io ero una ragazza Sfatta di pioggia e di gocce di lacrime. Lui mi chiese dove stai andando? Portami - gli dissi - in quel giardino dove crescono more giganti. E ci andammo davvero. E là non pioveva. Vengono sempre gli dèi sciolti nell’aria, Nel sole, cadendo tra le dita, soffiando gioie con i venti D’Oriente ed Occidente. * Oggi, invece, Lui ha preso l’aspetto di un piccolo zingaro Con i piedi nudi e una camicina di tela bianca, le rotule rotonde come due pesche ed i capelli ricci Ubbidienti alla bellezza dell’oro. Tiene la testa Teneramente inclinata come le fanciulle del Botticelli Ed ha un cavallino tutto bardato di rose chiare Come la pelle di una neonata sotto cui scorrono I dolci fiumi azzurri della sorgente della vita. * Sali - mi dice - seminando chicchi sul dorso delle mani Come in piccoli appezzamenti da coltivare con il sole E la luna e la fame e la sete e soprattutto con un azzurro senza fine. Mi porta silenzioso: il cavallino è di cristallo, le redini di seta, Finché il silenzio mi scoppia nel cuore come la più alta felicità. * O madre - canta finalmente il cuore - nella tua lingua sconosciuta, Nella tua scomparsa gentile è il segreto: amore della memoria, Ti ascolto mentre parli con la voce luccicante della pioggia E mi aspergi nel battesimo, mio girasole sempre volto alla luce.
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Franca Alaimo
- 03/12/2014 12:49:00
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Miei cari lettori, ma soprattutto amici carissimi, grazie! Amina ha di nuovo, e giustamente, ricondotto tutto il mio discorso poetico alla ferita iniziale, alla mia orfanità precoce, ma anche mia splendida luce; e anche Roberto Maggiani, nostro timoniere e maestro di gentilezza, individua, al di là delle belle allegorie, il dolore da cui esse nascono. Molto acuta è la lettura di Guglielmo Peralta che mette a fuoco il "timore e tremore" di Kierkegaard, lincombere del mistero; e mi emoziona laffettuosità di Gian Piero Stefanoni,il suo definirmi "orientale" (ed è vero che mi nutro spesso della sapienza delle civiltà dellEst asiatico); e poi Loredana Savelli e Alfonso Lentini, Nando che scrive unaltra bella poesia (ed è un omaggio straordinario, Giulia Salis, Fiammetta, Piergiorgio e, ancora, Antonio Ciavolino ( ci stiamo scoprendo reciprocamente!). Un abbraccio largo che vi comprende tutti, anche quelli che hannoletto e non hanno commentato.
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Roberto Maggiani
- 02/12/2014 20:48:00
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Mi aggiungo a questa catena di apprezzamenti al testo di Franca, la quale ha sempre parole che generano benevolenza verso il mondo e il suo fluire e che, nei dintorni del poeta Franca, sembra sempre un placido fiume dalle acque fresche ma è ciò che lei, maestra di gentilezza, ci rimanda con sereno garbo, una realtà finemente cesellata nella passione per la vita e luomo, vita che, traspare dai suoi versi, non lha certo privata del suo carico di dolore. Fluisce unanima angelica e soave ma decisa. Mi piace molto la strofa che apre così: "Oggi, invece, Lui ha preso l’aspetto di un piccolo zingaro / Con i piedi nudi e una camicina di tela bianca, / [...]"
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Antonio Ciavolino
- 02/12/2014 20:30:00
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Molto riuscito brano, piaciuto davvero, complimenti. ho scorto un filo di tenerezza che attraversa il testo, un filo di vento magico ovvero immaginifico che trapassa il tempo osservato ad occhi aperti, maturi di più, soprattutto nel conservare una visione fanciulla che risulta trasmessa esattamente nelle belle suggestioni che evoca. Ho apprezzato anche la forma, in versi lunghi, con le strofe spaziate come a creare un cellula a sé stante che, insieme alle altre, crea un organismo compositivo e poetico realmente indovinato, al mio gusto e alla mia lettura. :) A ben rileggerti. Stai bene!
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Ferdinando Battaglia
- 02/12/2014 17:32:00
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Ho messo i piedi nellacqua del mare, ma non so ancora dove finisce il mare, lo vedo così lontano lorizzonte e non scorgo linea di terraferma; ma lacqua è limpida e fresca sulla pelle e il sole e il cielo ci sorridono sopra, io mi lascio abbagliare dai colori nei loro giochi della luce.
Così, Franca, leggerò e rileggerò e rileggerò ancora questa tua poesia, di una bellezza grande come il mare, che non so misurare; dentro mi ci perdo come un bambino e come un bambino felice di restarvi, ancora dentro, senza ancora nulla sapere. Una poesia che avverto: "escatologica".
Ciao Franca, un grande abbraccio.
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Nando
- 02/12/2014 17:23:00
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Ho messo i piedi nellacqua del mare, ma non so ancora dove finisce il mare, lo vedo così lontano lorizzonte e non scorgo linea di terraferma; ma lacqua è limpida e fresca sulla pelle e il sole e il cielo ci sorridono sopra, io mi lascio abbagliare dai colori nei loro giochi della luce. Così, Franca, leggerò e rileggerò e rileggerò ancora questa tua poesia, di una bellezza grande come il mare che non so misurare; dentro mi perdo come un bambino e come un bambino felice di restarvi, ancora dentro, senza ancora nulla sapere. Una poesia che avverto: "escatologica".
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Guglielmo Peralta
- 02/12/2014 16:16:00
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È possibile oggi essere "cavaliere della fede", credere nellassurdo, non essere rassegnati? E possibile credere in Dio, come Abramo ? Esiste un dovere assoluto verso Dio? Queste interrogazioni sembra porsi Franca Alaimo sulla scia della riflessione kierkegaardiana in "Timore e tremore". In questo tempo di dolore e di morte, la vita ha ormai maturato tutta la sua tragedia. Vano è "scuotere la testa e fare scivolare le nubi". Bisogna avere il coraggio di togliersi "la benda dagli occhi" e guardare in faccia la cruda realtà. Non è più possibile sospendere letica e abbandonarsi alla fede e tuttavia non ci si può rassegnare al silenzio di Dio. Se gli dei sono "fuggiti", torneranno se sappiamo implorarli, se crediamo nell"angelo" della parola che può stupirci e salvarci, nella poesia dellamore. E lamore è la poesia stessa (qui raffigurata nel fanciullo dai capelli doro), la quale ci fa eterni fanciulli e ci prende per mano per condurci nell hortus conclusus, nello spazio ideale e in sé perfetto dove tutto è armonia di forme e sentimenti. Ma è nel ricordo della madre lamore più grande, in cui è possibile "dimenticare" il dolore e sperare in una nuova promessa di luce che sembra dare quella certezza in una vita nuova, che nella fede sembra invece vacillare. Un grande affresco, questo di Franca, a metà tra Caravaggio e Botticelli, fra tenebre e luce, fra humanitas e divinitas nella proiezione di una primavera eterna.
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Alfonso Lentini
- 02/12/2014 14:43:00
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Complimenti! Mi ha colpito lultima strofa
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Gian Piero Stefanoni
- 02/12/2014 11:44:00
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Sono particolarmente grato alla dolcissima Franca che con questi versi ci introduce all Avvento rammentandoci che nella pratica il nostro incontro con Dio sovente si compone di piccoli, inaspettati incontri di ogni giorno. Incontri santi perchè diversi dallo spirito di negazione di un tempo che procede per esclusioni. Piccolezza dunque di figure- animali, bambini- che sanno tutto di noi e nelle epifanie delle illuminazioni ce lo ricordano: creature noi nate per la gioia ma piegate spesso in un dolore che ci nasconde; eppure, ed è questo lo strappo indicibile, noi stessi anima e luce per gli altri, corona e carico di peso (seppure spesso- ed è bellissimo- inconaspevoli). Spogliarsi allora, ancora, ci suggerisce Franca nella veglia reciproca del dono e della fede: mostrare le ferite nella grazia di un Sole che tutto rimargina e sguardo alle madri, le infinite maestre dellattesa e dogni parto. Come ho avuto già modo di scriverle; come sei orientale cara Franca.. E grazie
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cristiana fischer
- 02/12/2014 10:24:00
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bellissima! ti muovi su un piano solo tuo, non metaforico, non fantastico, non allusivo, non morale, è una nuova realtà vivissima e lhai creata
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Giulia Salis Nioi
- 02/12/2014 09:49:00
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Unodissea che si trasforma in romanzo, visione, enigma, verità e dunque reminiscenza. Nelle peripezie dellesistenza luomo si rivolge al divino con urlante dolore, e quello gli si manifesta negli elementi, nella natura, nelle piccole cose e persone, negli insegnamenti degli antichi, e nellamore. Una prosa poetica che si fa poema per lepica e lanimus del tema, dove il poeta è eroe portatore di luce tramite la parola, avvolgente come la pioggia, come ventre materno.
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Fiammetta Lucattini
- 02/12/2014 09:38:00
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Quando è autentica ispirazione, limpida e cristallina, le parole servono a poco ed i rimandi risultano stucchevoli. Grazie!
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Loredana Savelli
- 02/12/2014 00:52:00
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Insieme un canto di ringraziamento e unelegia, dolcissima. La mano sicura di chi attinge al proprio bagaglio di vita spesa con generosità, vivendo anche le perdite come un evento "gentile".
Ciao!
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Piergiorgio
- 01/12/2014 23:00:00
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L’epica della dolcezza si anima in questo tuo piccolo (grande) poema della fine…ma io non vedo nessuna fine, solo il trionfo della vita…l’ultima quartina è un piccolo capolavoro di sapiente tenerezza, nell’infinita «corrispondenza d’amorosi sensi» che ci lega al palo delle assenze, dei silenzi carichi di significato al ricordo dei nostri cari…. Un caro saluto
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amina narimi
- 01/12/2014 22:19:00
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Sgorga una bionda meraviglia, dai cespi di more che allora graffiarono le braccia ... tolte le bende, un albero nellalbero della vita che canta e cammina "finalmente" " andiamo dove, andiamo dove?" ...la tua argilla è azzurra, Franca, di una bianchezza rilucente per la pioggia ha trovato la chiave facendo scivolare le nubi nellonda morbida di quelle rive che lElster discende annunciando il silenzio " Ich schweige, da ich dich höre " ... la porta rimane aperta sul sorriso di un animale blu, umido e lucente sciolto nellaria senza fine allorigine del vento, alla germinazione della luce.. Si finisce di leggere la tua poesia guardandosi il dorso delle mani come a cercare il segno dei chicchi in una lingua sconosciuta
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